Il diritto al lavoro e il diritto all'ambiente
Da oltre un mese ormai sta facendo discutere maggioranza e opposizione la possibilità di tassare la plastica in quanto materiale inquinante per l’ambiente. Nel vertice di governo del 29 ottobre scorso i partiti che sostengono l’esecutivo Conte hanno confermato l’intenzione di inserire nella prossima legge di Bilancio la “plastic tax”. Dall'opposizione, sia Lega che Forza Italia, si sono mostrati molto critici sulla misura.
La proposta di tassare la plastica è stata messa nero su bianco nel Documento programmatico di bilancio (DpB) – uno dei documenti preliminari rispetto alla prossima legge di Bilancio – approvato e trasmesso alla Commissione europea il 16 ottobre.
Tra le misure per «Promuovere la sostenibilità dell'ambiente», il Dpb ha inserito la «Introduzione di un’imposta sugli imballaggi di plastica destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari con decorrenza dal 1° giugno 2020 (aliquota 1 euro per kg)».
Nella bozza, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, dall'imposta sarebbero esentate le plastiche biodegradabili compostabili, qualora certificate secondo lo standard europeo EN13432, e quelle riciclate avendo già pagato il tributo nella loro prima vita.
LE REAZIONI DEGLI ADDETTI AI LAVORI
Tra le aziende del settore l’allarme è stato subito alto, perché il timore è di venire decimate da questa norma che graverà con una nuova tassa, pari a 1.000 euro a tonnellata, che si andrà ad aggiungere al Contributo ambientale Conai versato da produttori e importatori. Se l’obiettivo dell’esecutivo è di ottenere con questa tassa un miliardo di euro, sull'altro piatto della bilancia, però, ci sono quasi tremila aziende, contando sia i trasformatori che le aziende di seconda lavorazione, con un giro d’affari di vicino a 12 miliardi di euro, che danno lavoro a migliaia di addetti.
Per i tre sindacati dei lavoratori chimici Filcem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, la misura, per come è stata costruita, non ha alcuna finalità ambientale o di riconversione industriale, poiché penalizza solo i prodotti e rappresenta unicamente un’imposizione diretta che farà aumentare i costi a carico di consumatori e imprese.
Anziché tassarlo – hanno affermato i rappresentanti dei lavoratori – questo comparto andrebbe sostenuto attraverso azioni mirate che favoriscano la transizione verso imballaggi totalmente riciclabili, al fine di imprimere una svolta verso una economia circolare, e stimolando lo sviluppo e l'ammodernamento del tessuto industriale fatto in larga parte da piccole e medie aziende.
L’imposta rischia anche di ripercuotersi sul commercio, la distribuzione e, alla fine della catena, sui consumatori, infatti sempre secondo i sindacati “La tassa, determinerebbe un aumento pari al 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo, contribuendo a indebolire ulteriormente la domanda interna e non a sostenerla, con evidenti ripercussioni negative per tutti i settori indicati”.
Anche le Associazioni europee dell’industria delle materie plastiche (EuPC, PlasticsEurope e PRE) hanno preso posizione contro la tassa italiana. In un incontro tenutosi al K2019 di Düsseldorf, i tre presidenti delle associazioni europee Renato Zelcher (European Plastics Converters, trasformatori), Javier Costante (PlasticsEurope, produttori) e Ton Emans (Plastic Recyclers Europe, riciclatori), hanno concordato una posizione comune contro il provvedimento, paventando danni per le aziende e l’occupazione, oltre al trasferimento dei maggiori oneri sui consumatori finali. Per loro la nuova tassa rischia di minare la sopravvivenza di un settore di eccellenza, penalizzando i prodotti e non i comportamenti e, nei fatti, rallentando tutti gli sforzi compiuti in questi anni per rendere la plastica più circolare. Le associazioni hanno sottolineato anche l’impegno preso dall'industria europea di settore per raggiungere l’obiettivo di 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata da immettere sul mercato, come richiesto dalla Commissione europea. "È un obiettivo molto ambizioso, ma raggiungibile e richiederà ingenti investimenti nell'intera filiera - si legge nella nota diramata da EuPC, PlasticsEurope e PRE - e non è con i divieti o tassando le plastiche che questo processo può essere accelerato.
Sulla plastic tax è intervenuta anche l’associazione ambientalista Legambiente per bocca del presidente nazionale Stefano Ciafani, che ha difeso il provvedimento, ma criticato due punti. "È impensabile riservare lo stesso trattamento fiscale per le plastiche vergini prodotte da un petrolchimico, che vanno più che tartassate, e per quelle ottenute dal riciclo di plastiche da raccolta differenziata – ha affermato Ciafani -. Per queste ultime deve essere garantito lo stesso trattamento di favore riservato giustamente alle plastiche compostabili e ai manufatti riutilizzabili”. Il secondo punto sollevato dal presidente di Legambiente riguarda l’ambito di applicazione, che dovrebbe essere esteso dai soli imballaggi a tutti i manufatti in plastica.
Antonello Ciotti, presidente del Corepla, il maggiore consorzio in Italia in cui è rappresentata gran parte della filiera del settore, dai produttori di imballaggi ai selezionatori di rifiuti fino ai riciclatori, in un’intervista al Corriere della Sera ha affermato: “Non demonizziamo la plastica”. Tanto più che il balzello rischia di produrre “un danno incalcolabile per la seconda manifattura d’Europa” con il risultato che “migliaia di posti di lavoro sarebbero a rischio e, peggio, non ci sarebbe neanche quest’effetto indiretto di spinta alla sostenibilità”.
Sulla stessa pagina, colonne a fianco, si è espresso anche Ermete Realacci, storico leader ambientalista, esponente di Legambiente e oggi presidente di Symbola, fondazione di ricerca che unisce oltre 100 imprese e istituzioni per le quali sviluppo e innovazione si basano su green economy, cultura e coesione sociale. Realacci sostiene che sulla plastic tax “la direzione indicata è giusta, ma il metodo è sbagliato”. Secondo Realacci se si vuole orientare il mercato a favore dell’ambiente, “la leva fiscale è uno strumento per recuperare risorse” dice, che però vanno anche “rinvestite per incentivare chi opera nella direzione giusta”. Ma i cambiamenti “devono essere favoriti non forzati”, aggiunge l’esponente ambientalista, per il quale il governo avrebbe dovuto agire con gradualità dando la possibilità alle aziende “di avere modo di adeguarsi”.
Notizie recentissime comunicano che in vista del prossimo passaggio in Senato della Manovra di Bilancio, con l’aumento del pressing del mondo imprenditoriale contro la plastic tax, l’imposta sarà profondamente rivista attraverso un emendamento del Governo con un a riduzione significativa della tassa e maggiori incentivi per il riciclo e l’innovazione. Una proposta frutto del confronto tra Governo e tutti gli stakeholders interessati.
COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE?
In conclusione, sembra di capire che se si vogliono trasformare in politiche reali le dichiarazioni sulla svolta verde di questo governo e della maggioranza (ma che in realtà dovrebbero essere percepite come norme nell'interesse del bene di tutti), la leva fiscale va vista come mezzo per disincentivare l’utilizzo smodato ed inconsapevole della plastica monouso, fino al suo totale abbandono, ed al tempo stesso, attraverso una serie di incentivi, del denaro che si ipotizza di acquisire con la plastic tax, una parte importante andrebbe dedicata alla riconversione graduale della produzione grazie a fondi destinati alla sviluppo di tecnologie per garantire il riciclo totale della plastica.
In questo momento la plastic tax è ancora una sorta di “cantiere” dove le scelte sono ancora possibili in un confronto tra aziende, operatori del settore e politica, perché “diritto al lavoro” e “diritto all’ambiente” non siano schieramenti opposti, ma semplicemente due facce della stessa medaglia.
Credit to:
Polimerica 27/11/2019;
Polimerica, 25/11/2019;
Polimerica 5/11/2019;
AGI 4/11/2019;
Polimerica, 4/11/2019;
Polimerica 30/10/2019;
Polimerica 29/10/2019;
Polimerica 25/10/2019)
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